Un analisi del portafoglio 60/40 ed i benefici dell'investire nel lungo periodo

 

Giorni fa è uscito un articolo molto interessante su morningstar (Il portafoglio 60/40 è un buon investimento ora? | Morningstar) in cui si fa un analisi di come si è comportato il classico portafoglio di investimento 60/40 ( 60 % azioni 40% obbligazioni) in questi due anni di crisi profonda.

La mia intenzione è quella di offrire uno spunto ulteriore, partendo proprio dallo studio fatto dagli analisti di morningstar, ma procediamo con ordine. Nel corso del 2022 questo tipo di portafoglio, che viene definito bilanciato, ha vissuto praticamente l’anno peggiore dalla  crisi del 2008. 

Sostanzialmente, l’ondata di inflazione causata dal combinato disposto tra la marea di liquidità immessa nel sistema negli anni precedenti ed in particolare con l’avvento del COVID e il rincaro nei prezzi delle materie prime ha costretto le banche centrale ad aumentare i tassi di interesse ad un ritmo molto spinto, provocando perdite anche considerevoli nelle varie asset class e in particolare sia su azionario che su obbligazionario. Secondo l’analisi fatta da morning star il ptf 60/40 ha così ricevuto un colpo arrivando a perdite del ‘ordine del 20% con il minimo del 2022, prima di rimbalzare per chiudere con una perdita intorno al 16%.

Il grafico di sopra dimostra come le performance del portafoglio bilanciato siano migliorate dopo la batosta del 2022, infatti nel 2023 ci troviamo a fine settembre ad ottenere un rendimento di circa il+7% . Per sviluppare tale analisi viene creato il ptf 60/40 utilizzando il 60% di S&P500 e un 40% di indice obbligazionario aggregate, venendo poi ribilanciati mensilmente per mantenere lo proporzioni costanti.

Questa analisi è sicuramente un ottimo spunto di riflessione anche per aggiungere alcune considerazioni. Sicuramente come è possibile notare proprio dal grafico d cui sopra, dal 2007 al 2023, quindi su un arco temporale di ben 13 anni le fasi di crisi in cui i rendimenti negativi generati dal mercato e nello specifico dal portafoglio bilanciato sono 3, il 2008, il 2018 e il 2022, mentre i momenti di fase positiva sono i restanti 10 anni, e ciò a conferma del fatto come i momenti/anni di crisi sono sempre più brevi e in numero inferiore rispetto agli anni positivi e alle fasi espansive del ciclo economico. Detto in soldoni gli anni di rendimenti negativi sono inferiori sia nel numero che nella durata rispetto alle fasi e agli anni positivi.

Ora in questa sede l’idea è quella di cercare di rispondere ad una domanda: ossia è possibile attenuare la volatilità ?

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Per provare a rispondere a tale domanda  bisogna partire dal grafico  di cui sopra in cui si mettono a confronto un portafoglio 60/40 ribilanciato mensilmente in cui vengono utilizzati 4 OICR (utilizzando il NAV = Net Asset Value) e uno  in ETF sempre 60/40. 

Il primo si compone  di due azionari uno di tipo value ( ossia un fondo che investe in azioni di società con crescita più lenta ma dividendi più corposi) e l’altro di tipo growth ( ossia un fondo che investe in società del comparto tecnologico) , mentre per la parte obbligazionaria, un fondo globale ( quindi che abbraccia un ampio spettro di obbligazioni in giro per il globo denominate in dollari) e un obbligazionario europeo di tipo covered (a differenza delle normali cartolarizzazioni i covered bond garantiscono la restituzione del capitale grazie al vincolo di una fetta dell’attivo patrimoniale della banca destinato esclusivamente alla remunerazione ed al rimborso del bond, Fonte: Covered bond – Borsa Italiana ). 

Per il secondo si utilizzano un ETF che traccia l’indice S&P 500 NET TR (per la componente azionaria), mentre per la componente obbligazionaria un ETF che ha come benchmark il The Bloomberg Global Aggregate Bond Index.

Come si può notare dall’analisi svolta su un arco temporale di 20 anni il ptf 60/40 in OICR così composto  ha offerto un rendimento maggiore a fronte di minore volatilità . Ora anche se si ottiene una performance di circa il 207% contro una del 192% del ptf in ETF, l’intento è di mostrare se fosse o meno possibile attenuare un pò le fasi negative, e in effetti nel 2022 si ottiene un perdita massima del 20.6% contro il 27 % del ptf in ETF. Tornando un pò indietro nel tempo il secondo ptf tra il 2014 e il 2016 fa meglio del primo, mentre tra il 2017 e il 2019 sono praticamente sovrapponibili.

In conclusione in un arco temporale di lungo periodo si è riusciti a creare un ptf che cerca di massimizzare i rendimenti contenendo la volatilità, anche se entrambi raggiungono comunque un obiettivo soddisfacente. Inoltre con un adeguato orizzonte temporale di investimento, che si traduce in mantenere il proprio portafoglio più a lungo, si aumentano di moltissimo le probabilità di successo e si riduco moltissimo quelle di insuccesso e anche se ciò non vuol dire che  una piccola probabilità di perdere non sia dolorosa ma sicuramente conferma che una pianificazione finanziaria di lungo periodo è la base di un sano investimento.

Il presente articolo non intende dare consigli di investimento ma offrire uno spunto di riflessione !!!

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