Trumponomics: Liberation Day

Nell’intervista rilasciata all’«Economist» prima che scoppiasse il caso Fbi il presidente americano Donald Trump ha spiegato i principi della Trumponomics, ovvero meno tasse per le imprese, ma anche per i lavoratori: «Sarà la più grande riduzione fiscale nella storia del Paese».

Sono passati ormai alcuni giorni dall’annuncio relativo ai dazi e poi alla loro sospensione di 90 giorni, anche se non per tutti (vedi Cina), e la cosa che sicuramente più balza agli occhi è la verità dei numeri, che all’epoca di Trump non conta più nulla. La matematica dei dazi di Trump, spiegata benissimo da lui stesso in quella televendita, ovvero nella conferenza stampa tenutasi nel giorno del c.d. Liberation day ha massacrato la credibilità e l’affidabilità del sistema finanziario. Gli è bastato un tabellone per illustrare in che modo vengono trattati i diversi paesi. Il metodo si basa su una semplice operazione algebrica: il deficit commerciale degli Stati Uniti con un determinato Paese è diviso per il totale delle importazioni americane da quel Paese. Il risultato, espresso in percentuale, rappresenta il livello di pressione tariffaria attribuito a quel Paese. Successivamente, questa percentuale è stata dimezzata per ottenere il livello di dazio imposto dagli USA.

In sostanza se avete una avanzo con gli USA avrete il DAZIO !!!

Questa formula ha sollevato critiche perché non tiene conto delle reali dinamiche economiche e commerciali, né delle tariffe effettive applicate dai Paesi coinvolti. Inoltre, include presunte “barriere non monetarie” come l’IVA e regolamenti locali senza calcoli precisi. Gli esperti, infatti, concordano sul fatto che questo approccio rischia di danneggiare l’economia americana più che proteggerla, aumentando inflazione e tassi di interesse.

Secondo le fantasiose teorie economiche grazie alle tariffe non si sa quanti trillions di dollari fluiranno nelle casse degli USA, portando alla corsa di aziende estere a produrre negli Stati Uniti.

La realtà sembra ben diversa, infatti, quando Trump ha annunciato l’introduzione di dazi alti su una vasta gamma di prodotti, il mercato ha reagito con allarme. Il Dow Jones e il Nasdaq hanno subito cali significativi, riflettendo le preoccupazioni degli investitori per una possibile guerra commerciale. Questa reazione è stata particolarmente evidente quando Trump ha aumentato i dazi contro la Cina, portandoli al 125% su alcuni prodotti.

Successivamente, il presidente degli Stati Uniti ha sospeso i dazi per novanta giorni, escludendo la Cina, che ha continuato a subire tariffe elevate. Questa decisione ha portato a un immediato sollievo sui mercati finanziari, con le azioni e i future sulle materie prime che hanno registrato un forte rialzo. Tuttavia la sospensione ha alleviato i timori di danni economici imminenti, ma non ha risolto le profonde preoccupazioni legate alla politica commerciale statunitense, infatti la volatilità rimane alta a causa delle incertezze legate alle future mosse dell’amministrazione Trump.

La matematica di Trump ha spinto la volatilità a livelli estremi causando instabilità e sfiducia nel sistema finanziario, cambiando, almeno al momento, la percezione della credibilità del più grande mercato dei capitale al mondo, ma quello che non vacilla è la capacità degli investimenti di generare rendimenti nel lungo periodo. Questi momenti difficili sono qui per spingerci a mettere in atto quei comportamenti che ci consentiranno di avere risultati positivi, i dazi non sono qui per restare mentre gli investimenti di medio-lungo periodo si.

In conclusione, questi pessimi momenti vanno visti come occasioni per prendere a prezzi scontati, avendo sempre la pazienza di guardare ad un orizzonte corretto di investimento.

E’ la pazienza dell’investitore ad essere ripagata nel lungo periodo !

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