
Nel museo della Bank of England, a Londra, ho trovato un libro curioso e importante: Can’t We Just Print More Money? scritto da due economisti della banca centrale britannica, Rupal Patel e Jack Meaning. Il titolo è provocatorio, la risposta è (spoiler): no, non possiamo semplicemente stampare soldi per risolvere tutti i problemi economici. Ma il viaggio che i due autori ci propongono è tutt’altro che scontato. In questo articolo, provo a sintetizzarne i punti principali, con uno sguardo particolare alla legge di domanda e offerta e al ruolo (a volte frainteso) delle banche centrali.
Domanda, offerta e il prezzo di una colazione
Patel e Meaning partono dalle basi: il prezzo è il risultato dell’incontro tra chi vuole comprare e chi vuole vendere. Lo sappiamo dai manuali, ma loro lo raccontano con esempi quotidiani. La legge della domanda e dell’offerta non è solo teoria da aula universitaria: è la logica dietro l’aumento del costo della colazione, del pieno di benzina, dell’affitto.
“Quando la domanda cresce più dell’offerta, i prezzi salgono. Se l’offerta supera la domanda, i prezzi scendono.”
Semplice, no?
Ma la semplicità si complica quando entrano in gioco le distorsioni. Il libro affronta anche i cosiddetti fallimenti di mercato, come i monopoli, le asimmetrie informative o le esternalità ambientali. La classica “tragedia dei beni comuni” — come l’abuso di una risorsa condivisa — è una lezione eterna, che vale tanto per i pascoli medievali quanto per il traffico urbano contemporaneo.
Quando risorse condivise (acqua, pesce, boschi) sono a disposizione di tutti, ognuno tende a sfruttarle eccessivamente, rischiando di esaurirle.
Inflazione: una parola, mille paure
Tra i temi centrali c’è l’inflazione. Definita come l’aumento generalizzato dei prezzi, viene spesso percepita come una tassa occulta. Ma Patel e Meaning la spiegano con precisione:
“Un po’ d’inflazione è normale. Troppa, e il denaro perde il suo potere d’acquisto, come successe nello Zimbabwe con tassi a 80 miliardi per cento.”
Nel libro si distinguono due cause principali: l’inflazione da domanda eccessiva (troppa liquidità in circolazione rispetto ai beni disponibili) e quella da costi (aumento dei prezzi di produzione). Il legame tra quantità di moneta e livello dei prezzi — il cuore del pensiero monetarista — viene trattato con rigore, ma anche con ironia. Spoiler: stampare soldi senza limiti non è la soluzione.
Che cos’è davvero la moneta?
La moneta non è solo carta o metallo. È fiducia codificata, è mezzo di scambio, unità di conto, riserva di valore. Gli autori chiariscono che nella nostra economia moderna, gran parte della moneta viene creata dalle banche commerciali attraverso i prestiti. Ma la base monetaria — quella che le banche usano come riserva — è emessa dalle banche centrali.
È una distinzione fondamentale. Senza capirla, si rischia di cadere nel mito che “lo Stato può semplicemente stampare i soldi di cui ha bisogno”.
Il libro prosegue parlando del sistema bancario: le banche facilitano i pagamenti e permettono di trasformare i risparmi in investimenti, ma operano con riserve limitate e talvolta possono fallire. Per questo le banche centrali intervengono per garantire la stabilità finanziaria. Viene citato il famoso “dictum” di Bagehot sintetizzato da Paul Tucker: in caso di crisi, la banca centrale deve prestare presto e generosamente alle banche solventi, chiedendo adeguate garanzie e applicando tassi elevati.
In pratica, la Banca d’Inghilterra (come la Fed o la BCE) può “salvare” le banche in crisi per evitare panico sistemico, ma lo fa in modo da scoraggiare abusi. Questo ruolo di prestatore di ultima istanza è cruciale per evitare che problemi di singole banche si propaghino causando crisi economiche diffuse.
Il ruolo delle banche centrali: arbitri, non attaccanti
Uno dei meriti del libro è quello di sfatare il mito della “banca centrale stampasoldi”. La Bank of England, come la BCE o la Fed, ha obiettivi precisi: stabilità dei prezzi, piena occupazione, stabilità finanziaria. Ma soprattutto, ha un compito chiave: contenere l’inflazione.
“Dal 1997, la Bank of England è indipendente. Il suo target d’inflazione è del 2%. Al di sopra, interviene alzando i tassi d’interesse; al di sotto, li abbassa.”
Il meccanismo è noto ma spesso sottovalutato: aumentare i tassi frena la domanda, riduce i prestiti e raffredda i prezzi. È una leva delicata, ma potentissima. Inoltre, la banca centrale agisce anche da prestatore di ultima istanza, e come già citato sopra (per l’appunto, come spiegava Bagehot): deve prestare “presto, in modo generoso, ma a tassi elevati” per evitare panico bancario, senza creare incentivi perversi..
Perché non possiamo “stampare più soldi”?
Ed eccoci alla domanda del titolo. Perché non possiamo semplicemente stampare moneta per finanziare la sanità, l’istruzione, i trasporti pubblici?
Perché ogni unità di moneta stampata riduce il valore delle altre. Se l’economia reale (beni e servizi) non cresce proporzionalmente, i prezzi salgono. È il classico caso di “troppa moneta che insegue pochi beni”.
“Stampare più denaro senza aumentare l’offerta reale è come dividere una torta sempre più sottile: le fette diventano meno sostanziose per tutti.”
Il quantitative easing — usato dopo la crisi del 2008 — è un’eccezione controllata, non una regola. E comunque ha funzionato solo in un contesto di inflazione bassa e domanda stagnante. Usato in eccesso, porta a bolle speculative e instabilità.
Conclusione: economia con giudizio
Il libro Can’t We Just Print More Money? è un ottimo esempio di divulgazione economica fatta bene. Nessuna semplificazione ideologica, ma nemmeno tecnicismi inutili. Un invito, soprattutto, a pensare con la propria testa.
Capire come funziona la domanda e l’offerta, cosa fa davvero una banca centrale, e perché la moneta non è solo “carta colorata” ci aiuta a leggere con più lucidità il mondo in cui viviamo. Un mondo dove, sì, la moneta è fondamentale — ma è solo un ingranaggio dentro un sistema molto più ampio, fatto di fiducia, regole e scelte collettive.
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