Stablecoin in euro: tra innovazione digitale, banche e regolamentazione europea

Negli ultimi anni le stablecoin hanno assunto un ruolo sempre più centrale nell’universo delle criptovalute. Nacquero con un obiettivo semplice: introdurre una forma di stabilità in un ecosistema caratterizzato da oscillazioni di prezzo vertiginose. Per molto tempo i protagonisti assoluti sono stati i token legati al dollaro, come USDT (Tether) e USDC (Circle). Ma qualcosa sta cambiando: cresce infatti la richiesta di stablecoin in euro, strumenti digitali ancorati alla moneta unica che promettono di rafforzare la sovranità finanziaria europea nel mondo digitale.

🔍 Cos’è davvero una stablecoin in euro

Una stablecoin in euro è una criptovaluta che mantiene un rapporto fisso 1:1 con l’euro. In pratica, per ogni token in circolazione dovrebbe esserci un euro depositato, oppure un collaterale equivalente che ne assicura il valore. La stabilità, tuttavia, può essere garantita con modelli diversi.

Il primo modello è quello fiat-backed, dove gli emittenti custodiscono riserve bancarie in euro o in strumenti a basso rischio. È la logica seguita da prodotti come EUROC di Circle o EURS di Stasis. Queste versioni sono semplici da comprendere e immediate da utilizzare, ma richiedono fiducia nell’ente che gestisce le riserve.

Un secondo approccio è quello decentralizzato, in cui il valore è sostenuto da collaterali in altre criptovalute, come ETH o BTC, gestiti tramite smart contract. È il caso di agEUR o sEUR, che incarnano meglio lo spirito originario della blockchain: trasparenza e automazione. Naturalmente, questo modello porta con sé maggiore complessità tecnica e rischi legati alla volatilità degli asset sottostanti.

Infine, esistono le stablecoin algoritmiche, che cercano di mantenere l’ancoraggio tramite meccanismi automatici di offerta e domanda. Sono affascinanti sul piano teorico, ma l’esperienza (il caso Terra/Luna è emblematico) ha mostrato quanto possano essere vulnerabili.

⚙️ Stablecoin algoritmiche e il caso Terra/Luna

Tra le diverse tipologie, le stablecoin algoritmiche sono sempre state le più affascinanti sul piano teorico. A differenza delle stablecoin collateralizzate in fiat o in cripto, non hanno riserve “reali” a garanzia. Il loro equilibrio si basa su meccanismi di domanda e offerta: quando il prezzo del token scende sotto 1 euro (o 1 dollaro), il protocollo incentiva gli utenti a bruciarlo in cambio di un altro token collegato, riducendo così l’offerta; se invece il prezzo sale oltre la soglia, vengono create nuove monete per riportarlo al livello corretto.

Il caso più famoso è quello di TerraUSD (UST) e del suo token gemello LUNA. Nel maggio 2022, una massiccia ondata di vendite di UST mise sotto pressione il sistema. Gli algoritmi reagirono emettendo enormi quantità di LUNA per sostenere il pegIl termine peg (in italiano: ancoraggio o parità) indica la relazione fissa tra una stablecoin e l’asset a cui è legata., ma questo portò a un crollo vertiginoso del prezzo di LUNA. Con la caduta di LUNA, anche la fiducia in UST evaporò: gli utenti corsero a vendere e la stablecoin perse definitivamente l’ancoraggio.

In pochi giorni si innescò la cosiddetta “death spiral”:

  1. UST perde il valore di 1 dollaro →
  2. il protocollo emette più LUNA per compensare →
  3. il prezzo di LUNA crolla sotto il peso dell’offerta infinita →
  4. la fiducia evapora →
  5. UST non riesce più a risalire.

Il risultato fu devastante: in meno di una settimana, Terra/Luna bruciò decine di miliardi di capitalizzazione, causando uno dei più grandi shock della storia delle criptovalute. La lezione è chiara: un algoritmo da solo non basta a garantire la stabilità, senza riserve solide e meccanismi credibili di ultima difesa.

💶 Perché contano per l’Europa

Se negli Stati Uniti le stablecoin in dollari sono ormai un’infrastruttura quasi imprescindibile per la DeFi e per gli scambi digitali, in Europa la diffusione di strumenti equivalenti in euro assume un significato ancora più profondo.

Da un lato c’è l’aspetto economico e pratico: poter regolare transazioni globali in euro, con velocità quasi istantanea e costi ridotti, è un enorme vantaggio per imprese, istituzioni finanziarie e semplici utenti. Dall’altro, c’è la dimensione strategica e geopolitica: affidarsi esclusivamente a stablecoin in dollari significa accettare che anche nel mondo digitale l’egemonia valutaria resti americana. Creare alternative solide in euro è un passo fondamentale verso una maggiore autonomia europea.

Non bisogna poi dimenticare la finanza decentralizzata. Molti protocolli DeFi’abbreviazione di Decentralized Finance, cioè finanza decentralizzata sono oggi “dollar-centrici”, e ciò limita la partecipazione di utenti e imprese che ragionano in euro. L’introduzione di stablecoin denominate nella nostra valuta può favorire lo sviluppo di un ecosistema DeFi europeo più inclusivo e competitivo.

⚠️ Le sfide da affrontare

Naturalmente, il percorso non è privo di ostacoli. Oggi le stablecoin in euro soffrono di una liquidità molto più bassa rispetto alle controparti in USD. Ciò comporta spread più alti negli scambi e meno mercati di riferimento. A ciò si aggiunge il rischio di controparte per le versioni centralizzate, dove tutto dipende dall’affidabilità dell’emittente.

Il quadro normativo, tuttavia, potrebbe rappresentare la sfida più grande ma anche la più grande opportunità. Con l’arrivo del regolamento europeo MiCA (Markets in Crypto-Assets), le stablecoin in euro dovranno rispettare requisiti patrimoniali, regole di trasparenza e meccanismi di tutela degli utenti molto rigorosi. Una barriera d’ingresso che potrebbe spazzare via i progetti meno solidi, ma al tempo stesso rafforzare la credibilità delle soluzioni conformi.

🏦 L’ingresso delle banche: UniCredit e il consorzio delle nove

La novità più significativa è arrivata nel 2025: nove grandi banche europee, tra cui UniCredit, hanno annunciato la creazione di una nuova società con sede nei Paesi Bassi incaricata di lanciare una stablecoin in euro bancaria e conforme a MiCA.

Il progetto, che vede la partecipazione anche di ING, Banca Sella, KBC, Danske Bank, DekaBank, SEB, CaixaBank e Raiffeisen Bank International, dovrebbe vedere la luce nella seconda metà del 2026. Le caratteristiche dichiarate sono chiare: riserve segregate, audit indipendenti, transazioni quasi istantanee e persino funzionalità programmabili tramite smart contract.

L’impatto potenziale è enorme. Per la prima volta, non si tratta di una startup o di un progetto cripto-native, ma di colossi bancari che decidono di entrare da protagonisti in questo mercato. È un segnale potente: la finanza tradizionale non solo riconosce l’importanza delle stablecoin, ma vuole guidarne lo sviluppo.

Questo scenario apre a diverse domande. Una stablecoin bancaria in euro diventerà il nuovo standard europeo per i pagamenti digitali? O si affiancherà al futuro euro digitale emesso dalla BCE, creando un’inedita convivenza tra moneta pubblica e privata in versione digitale? E soprattutto: come reagiranno gli utenti della DeFi, che spesso diffidano delle soluzioni centralizzate?

⚖️ MiCA e il futuro regolamentato delle stablecoin in euro

Il regolamento MiCA rappresenta la cornice normativa che darà forma al futuro di questo settore. Le regole, che entreranno a pieno regime tra il 2025 e il 2026, impongono obblighi severi ma fondamentali: trasparenza totale sulle riserve, segregazione dei fondi degli utenti, requisiti patrimoniali per gli emittenti e supervisione da parte delle autorità competenti.

In altre parole, il “far west” delle stablecoin sta per finire. La conseguenza sarà un mercato meno variegato ma più sicuro, dove i progetti più solidi — come la stablecoin bancaria guidata da UniCredit o l’EUROC di Circle — avranno la possibilità di affermarsi su scala europea e globale.

🔄 Stablecoin in euro a confronto: private vs bancarie

Per capire meglio il futuro delle stablecoin in euro è utile mettere a confronto le due principali tipologie oggi in discussione: quelle private, già diffuse nei mercati cripto, e quelle bancarie, annunciate da UniCredit e dal consorzio delle nove banche europee.

💻 Stablecoin private
Le stablecoin private — come EUROC di Circle, EURT di Tether, EURS di Stasis o i token decentralizzati come agEUR — hanno fatto da apripista. Sono nate nell’ambiente cripto, spesso con l’obiettivo di servire la finanza decentralizzata (DeFi), e si caratterizzano per una forte capacità di innovazione. Alcune sono centralizzate, altre invece basate su smart contract che eliminano la necessità di un intermediario.
👉 Il loro punto di forza è la flessibilità: possono essere integrate rapidamente in exchange, protocolli DeFi e piattaforme globali. La debolezza è la fiducia limitata da parte degli utenti tradizionali e la difficoltà di soddisfare appieno i requisiti normativi europei.

🏦 Stablecoin bancarie
La stablecoin annunciata da UniCredit e dalle altre otto banche rappresenta un approccio molto diverso. Qui la parola chiave è compliance: riserve segregate, audit indipendenti e totale aderenza al regolamento MiCA. L’obiettivo non è solo servire il mercato cripto, ma diventare una vera infrastruttura di pagamento digitale europea, in grado di competere con circuiti esistenti e, un domani, convivere con l’euro digitale della BCE.
👉 Il loro punto di forza è la credibilità istituzionale e la potenziale diffusione rapida nel sistema bancario e nei pagamenti quotidiani. Il limite sta nella minore attrattiva per gli utenti della DeFi, che spesso privilegiano soluzioni più decentralizzate.

🔎 Take Away – Cosa ricordare

📌 Le stablecoin in euro non sono più una curiosità di nicchia, ma un pilastro in costruzione dell’economia digitale europea.

  • Perché contano: offrono stabilità, efficienza nei pagamenti e più autonomia strategica.
  • Le difficoltà: liquidità limitata, spread elevati e regole MiCA severe.
  • La novità: nel 2026 UniCredit e altre otto banche lanceranno una stablecoin bancaria in euro conforme a MiCA.
  • Il futuro: convivenza tra stablecoin private, bancarie e euro digitale della BCE, con impatti enormi sul sistema finanziario europeo.

🚀 Prospettive e scenari possibili

Guardando al futuro, è probabile che assisteremo a una coesistenza dinamica di più modelli. Le stablecoin private continueranno a esistere, alimentando la flessibilità e l’innovazione della DeFi. Le stablecoin bancarie offriranno invece la solidità di marchi noti, compliance normativa e facilità di integrazione nei sistemi di pagamento tradizionali. Infine, l’euro digitale della BCE porterà in gioco un’opzione pubblica, che potrebbe diventare il collante istituzionale dell’intero sistema.

Questa pluralità non è necessariamente un problema: al contrario, può stimolare innovazione e creare un ecosistema più resiliente. La sfida sarà trovare un equilibrio tra decentralizzazione, regolamentazione e adozione di massa.

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